Esistono marcanti distinzioni tra essere un lavoratore dipendente e un lavoratore autonomo, con ciascuna opzione che offre vantaggi unici e significativi rispetto all’altra. In questa guida, esploreremo queste differenze, che variano da aspetti personali a quelli finanziari, analizzando sia i benefici che gli svantaggi di entrambe le scelte lavorative. È fondamentale riconoscere che, come in ogni scenario lavorativo, ci saranno sempre dei lati positivi e negativi da considerare.
Lavoro subordinato e autonomo: significato e definizioni
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Prima di ogni differenza sostanziale, occorre definire il significato del lavoro subordinato e di quello autonomo. Nel primo caso, si tratta di una posizione ricoperta dalle persone che stanno sotto le dipendenze del loro “capo”, percependo di fatto uno stipendio fisso.
Il lavoratore autonomo – come si presuppone dal nome – è una persona fisica che ha avviato una attività in proprio, e che gestisce il suo business per sé stesso, senza dipendere da nessun’altro.
Sicuramente i vantaggi e gli svantaggi sussistono in ambe le parti, motivo per cui determinare la convenienza e/o la posizione migliore non è semplice e né tanto meno “ovvia”. Ogni soggetto dovrà basarsi sulle sue esigenze e su ciò che realmente vorrebbe.
Il lavoro subordinato
Il lavoro da dipendente è certamente “comodo”, su determinati aspetti, meno flessibile su tanti altri. La comodità sta nell’assicurarsi di portare a termine gli oneri del suo ruolo, e poter godere dello stipendio fisso senza preoccuparsi di percepire meno in un determinato periodo dell’anno.
L’aspetto più importante di questo vantaggio è la possibilità di poter pianificare al meglio le spese, basandosi su importi certi e privi di rischio (dipende soprattutto dal contratto per la quale si è impiegati).
Inoltre, grazie a degli extra è possibile incrementare il proprio salario minimo, riuscendo a soddisfare qualche sfizio in più, utile soprattutto nei casi in cui si ha una famiglia da dover portare avanti e garantire un buon stile di vita.
Quel che pecca nel lavoro dipendente è l’assenza di flessibilità. Orari, giorni e periodi per andare in vacanza, vengono disposti dal proprio datore di lavoro. In aziende ben strutturate, vengono stilati dei periodi dove annualmente “a turno”, ci si alterna con le vacanze di Natale o Capodanno.
Sicuramente alcuni settori da dipendente sono davvero usuranti, motivo per cui alla lunga potrebbe diventare estenuante.
Il lavoro autonomo
Il lavoratore autonomo è colui che è padrone di sé stesso, così come lo sono i principi su cui deve basarsi per mandare avanti l’attività. Il successo o l’insuccesso è tutto nelle sue mani, dove – soprattutto agli inizi – non esistono pianificazioni finanziarie specifiche, poiché tutto è “a rischio”.
Quello che potrebbero fare in più le partita IVA (almeno contrariamente a quanto farebbero i dipendenti), è dedurre e detrarre i costi per ridurre il pressing fiscale (ne parleremo a breve).
Nel momento in cui si avvia un’attività imprenditoriale, i rischi e le responsabilità sono certamente superiori a quelle che vivrebbe un dipendente. Tuttavia, con un’attenzione e una pianificazione più precisa, a lungo termine si gioverebbe di quella “flessibilità”, tanto amata e desiderata dai lavoratori subordinati.
Poter concedersi una vacanza in più, fermarsi quando ci si sente stanchi, e trovare dei validi collaboratori a cui poter delegare l’attività, permettendo all’imprenditore di poter fatturare anche quando non è fisicamente sul luogo di lavoro.
Il lavoratore dipendente e l’autonomo soggetti a tassazione
Il tema della tassazione è quello più scontante. Anche qui sorgono delle differenze importanti, perché se è pur vero che il pressing fiscale italiano è molto pesante, è anche vero che con una partita IVA è possibile detrarre e dedurre i costi affrontati (ad eccezione del regime forfettario), per poter pagare meno tasse.
Un aspetto vantaggioso per il lavoratore autonomo che contrariamente al dipendente che deve versare le tasse su quanto percepito, lui può “scaricare” alcuni dei costi affrontati per la sua attività imprenditoriale.
Gestire il proprio patrimonio economico è un aspetto essenziale per qualsiasi libero professionista o azienda. Preservare la liquidità e pianificare attentamente i rischi è possibile, ma richiede una conoscenza approfondita del settore.
La detrazione e la deduzione fiscale, rappresentano degli strumenti chiave per ottimizzare la propria posizione finanziaria e fiscale, consentendo di ridurre le imposte da versare all’Erario e di contenere il carico fiscale complessivo.
È fondamentale comprendere la differenza tra detrazione e deduzione fiscale, entrambe utili opportunità per ridurre l’importo complessivo delle tasse dovute:
- Deduzione Fiscale: Questa agisce sulla base imponibile del reddito complessivo, riducendo l’importo del reddito su cui verrà calcolata l’imposta sul reddito. Ad esempio, se il reddito è di 50.000 euro e la deduzione fiscale è di 5.000 euro, la base imponibile sarà di 45.000 euro per calcolare l’imposta. In questo modo, la deduzione fiscale riduce l’ammontare complessivo su cui si calcola l’imposta, consentendo un risparmio fiscale proporzionato al tasso impositivo applicato.
- Detrazione Fiscale: Questa viene applicata direttamente all’importo dell’imposta e riduce l’ammontare totale dell’imposta da pagare all’Erario. Ad esempio, se l’aliquota fiscale è del 20% e si ha una detrazione fiscale di 1.000 euro, l’importo dell’imposta sarà ridotto direttamente di 1.000 euro. La detrazione fiscale opera quindi riducendo l’importo effettivo dell’imposta, fornendo un beneficio fiscale tangibile.
Tra i vari vantaggi che hanno le partite IVA rispetto ai dipendenti, per lo meno per la maggior parte di esse, c’è quello di poter scaricare i costi della propria attività. Possono ad esempio scaricare il costo dei veicoli noleggiati oppure di quelli acquistati.
In conclusione, tra il lavoro dipendente e quello autonomo le differenze sono piuttosto evidenti. Ognuno dev’essere in grado di individuare la convenienza maggiore in base alla situazione in cui si trova.